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Al centro dei giardini dedicati a Salvatore di Giacomo (1860-1934), la fontana della Coccovàja è nel Cinquecento una fonte pubblica nella strada di Porto, ricostruita nel 1834 e spostata a Posillipo nel Novecento. Le parole del poeta da Era de maggio (1885), riportate su un cippo di pietra, celebrano racconti d’amore e suggestioni di Posillipo. La storia stessa della fontana è un racconto leggendario. Commissionata nel 1545 dal viceré Pedro de Toledo allo scultore Giovanni da Nola per la piazza del Porto (chiamata anche piazza dell’Olmo) la fontana era molto diversa dall’attuale: alla base ha una vasca quadrata con al centro un monte roccioso con quattro piccole grotte con le statue di Venere, Apollo, Cupido e Minerva. In cima al monte un’altra vasca più piccola, con al centro una roccia che regge l’aquila imperiale di Carlo V. Ai napoletani l’aquila sembra una coccovàja (civetta, dal latino cocovaja) e questo diventa il nome ‘principale’ della fontana. La fontana infatti è conosciuta anche come fontana degli Incanti, probabilmente dalla vendita “all’incanto” (al miglior prezzo offerto) delle merci che gli ambulanti (“incantatori”) espongono all’aperto, all’ombra del grande albero della piazza. Altri incanti per cui è nota la fontana sono i sortilegi delle streghe della città, che usano l’acqua per le loro pozioni magiche, spesso venefiche. E una fattucchiera, per indurre una giovane a cedere ai desideri di un nobile spagnolo, prepara un filtro d’amore da far bere alla fanciulla, ma gli ingredienti sono tossici e ne causa la morte. Piazza di Porto scompare per i lavori del Risanamento (1899) e la fontana, conservata nei depositi comunali, è rimontata a Posillipo.