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È la terza arena per dimensioni del mondo romano, dopo il Colosseo di Roma e l’anfiteatro di Capua antica, e testimonianza della tecnica straordinaria raggiunta dall’ingegneria romana.Collocato nei pressi dell’incrocio delle strade provenienti da Napoli, da Capua e da Cuma, l’anfiteatro è concepito in tre ordini sovrapposti, con quattro ingressi maggiori e dodici secondari e con una cavea per circa 40.000 spettatori. È datato all’epoca della dinastia imperiale Flavia per le iscrizioni all’esterno dei quattro ingressi principali, ma la sua origine potrebbe essere neroniana. L’anfiteatro è anche il centro della vita cittadina, e nelle gallerie sotto l’ambulacro esterno trovano posto luoghi di culto e sedi di associazioni professionali, identificate dalle iscrizioni rinvenute. Gli ambienti suggestivi dei sotterranei rivelano la complessa organizzazione dei servizi necessari per il funzionamento degli spettacoli. Sull’arena sono le botole utilizzate per il sollevamento delle gabbie delle belve e dei materiali necessari ai giochi, manovrati dalle macchine alloggiate nei sotterranei. Chiuse da un tavolato in legno quando non servono per gli allestimenti degli spettacoli, le botole garantiscono inoltre l’areazione agli spazi sottostanti.L’arena conserva la memoria di martirii di santi cristiani e qui, secondo una tradizione formatasi tra V e VI secolo d.C., viene approntato il supplizio per Gennaro – patrono di Napoli – e i compagni di fede Festo, Desiderio, Sossio, Procolo – patrono di Pozzuoli – Eutiche e Acuzio, condannati a essere divorati dalle fiere. Ma le belve rifiutano di assalirli e il martirio, rimandato, si consuma quindi nel Forum Vulcani, la Solfatara, dove i santi cristiani vengono decapitati (305 d.C.). In ricordo della presenza di san Gennaro, nel 1689 viene costruita nei sotterranei una chiesetta, distrutta all’epoca dello scavo ottocentesco e sostituita da una cappellina visibile nell’ambulacro.