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Le scorrerie dei pirati, che dal tardo antico al Seicento flagellano di continuo le coste dei mari meridionali, non risparmiano l’isola di Procida, provocando lutti e danni ingenti malgrado il rafforzamento progressivo delle difese della cittadella fortificata di Terra Murata. È il borgo medioevale a circa 90 metri sul livello del mare, che si sviluppa sull’area del primo nucleo abitativo dell’isola, arroccato su un ripido costone tufaceo, il punto più elevato e rifugio sicuro. Centro storico di Procida, Terra Murata si raggiunge percorrendo una salita ripida fino al ‘Castello’ (palazzo d’Avalos, 1563, trasformato nel 1830 in carcere fino al 1988) e la terrazza panoramica, dove sono esposti due cannoni della Repubblica Napoletana del 1799, affacciata sul golfo di Napoli con una visuale sconfinata. Favole e miti si tramandano nel borgo e a una delle violente incursioni saracene è legata la leggenda più amata che vede protagonista san Michele Arcangelo, patrono dell’isola. Nel 1534 l’intervento prodigioso dell’arcangelo, sceso dal cielo in soccorso armato di spada di fuoco, scatena una tempesta di fulmini infuocati e mette in fuga i pirati del famoso Barbarossa, salvando Terra Murata da saccheggi e distruzioni. A san Michele Arcangelo è dedicata l’abbazia benedettina di Terra Murata, risultato di trasformazioni antiche. Databile all’XI secolo (ma il primo nucleo potrebbe risalire alla fine del VI secolo), elementi di età romana riutilizzati nelle strutture confermano nei secoli la continuità della funzione di culto dell’area e la chiesa (1026) sembra sovrapporsi ai resti di un tempio votato a Nettuno. Tra le tele realizzate dopo la ristrutturazione barocca del XVII secolo, conservate nel coro della chiesa, è il San Michele arcangelo protegge l’isola di Procida (Nicola Russo, 1690) che propone una veduta minuziosa della Procida nel Seicento e ricorda l’impresa dell’arcangelo contro i pirati.